Con la sentenza Aprile c. Italia del 9 marzo 2023, ric. n. 11557/09, la Corte europea ha dichiarato la violazione, ad opera dello Stato italiano, del diritto di proprietà, sancito dall’art. 1 del Protocollo n. 1, nei confronti del proprietario di un fondo di cui il Comune si era appropriato sine titulo e in assenza ab inizio della dichiarazione di pubblica utilità.
I Giudizi nazionali, nonostante avessero riconosciuto l’illegittimità dell’azione delle autorità pubbliche, che rappresenta un classico esempio di occupazione usurpativa, avevano dichiarato prescritto il diritto al risarcimento dell’originario proprietario-ricorrente, ritenendo, in ossequio all’orientamento giurisprudenziale maggioritario, che il termine prescrizionale fosse quello quinquennale decorrente dall’inizio dei lavori volti a trasformare il fondo in una piazza pubblica. La contrarietà di tale conclusione ai principi CEDU è stata più volte rilevata dai Giudici di Strasburgo a partire dalla nota Carbonara e Ventura c. Italia del 30.5.2000, nella quale hanno chiarito che il diritto al risarcimento del danno non può prescriversi, se la prescrizione matura in un contesto temporale in cui non è normativamente percepibile la decorrenza della stessa. Ed in effetti, a livello interno, la giurisprudenza di legittimità aveva individuato detto termine solo nel 1993, mentre l’inizio dei lavori era avvenuto nel 1973, quando cioè il termine in parola era spirato da tempo.
La sentenza è consultabile al seguente link.